E se la scuola non si accorge dei bambini intelligenti?

“Più uno è intelligente, più sono le  persone che uno trova originali: la gente comune non vede differenza tra gli uomini.” 

BLAISE PASCAL

Howard Gardner, professore presso la Harvard University nel Massachusetts, ha elaborato la teoria delle intelligenze multiple, nove forme di intelligenza, ognuna indipendente dalle altre.

Nel suo elenco ci sono l’Intelligenza linguistica e la logico-matematica, che nella nostra scuola sono sinonimo d’intelligenza, e sette altre intelligenze vere e proprie che nella nostra cultura sono considerate doti secondarie.  Abbiamo così l’intelligenza corporea-cinestetica, l’intelligenza spaziale, l’intelligenza musicale, l’intelligenza Interpersonale, l’intelligenza intrapersonale, l’intelligenza naturale e l’intelligenza Esistenziale.

Gardner sostiene che l’intelligenza è la capacità di comprendere il mondo in cui viviamo e di risolvere i problemi ambientali, sociali e culturali che ci vengono posti in ogni momento della nostra esistenza. Ogni intelligenza rappresenta una possibilità di conoscenza del mondo.

Viviamo in una realtà così complessa che non ci è possibile imparare tutto. Ognuno di noi dovrebbe poter scegliere cosa imparare. La scuola quindi dovrebbe aiutare ogni studente a trovare un percorso formativo congeniale alle sue caratteristiche e coerente con le varie possibilità di vita e di lavoro disponibili nel contesto culturale.

Cosa fa la nostra scuola? Omologa e definisce bravi i ragazzi capaci in tutte le discipline. La scuola del futuro invece dovrebbe diversificare e consentire ad ogni studente di sviluppare il suo percorso e non pretendere la competenza in tutti gli ambiti disciplinari.

Una scuola che non fa questo, non si limita a costringere i ragazzi a spendere del tempo in attività per loro poco interessanti a discapito delle attività in cui eccellono. Ma spesso produce frustrazione e senso d’inadeguatezza.

La scuola, soprattutto nei primi anni, dovrebbe essere uno spazio libero, dove i bambini sperimentano e si mettono alla prova nei diversi settori della conoscenza, senza pressione ma nel rispetto dei loro tempi. Negli anni successivi dovrebbe essere individualizzata, consentendo ai ragazzi si sviluppare le loro intelligenze senza costringerli a occuparsi di tutto. Proviamo a immaginarla una scuola così, è una scuola dove ogni studente, ogni giorno, si dedica allo studio di ciò che più lo affascina e lo interessa, è una scuola dove le sfide sono in quei settori che il ragazzo ama e dove vuole riuscire.

Mi capita spesso di incontrare bambini, anche molto piccoli, che mi raccontano della loro scuola. Mi parlano con ansia delle verifiche e delle insufficienze. Bambini che già in prima elementare pensano di non essere capaci. Incontro mamme che annotano sul calendario le date delle verifiche per preparare i loro bambini a sostenerle. Mi capita di incontrare adolescenti che hanno una visione così negativa delle loro possibilità di apprendimento che, per sfuggire all’insuccesso diventano abilissimi a fare lo slalom per evitare impegni e responsabilità.

La scuola tende ad attribuire la responsabilità dell’insuccesso scolastico ai ragazzi e alle famiglie, non rendendosi conto che è essa stessa a produrre questo paradosso.

Le convinzioni che ci costruiamo nei primi anni di vita sono le fondamenta della nostra personalità. Se un bambino sperimenta il successo, l’accettazione in un ambiente che incoraggia la sua naturale voglia di apprendere, diventerà un adulto fiducioso e desideroso di migliorarsi. Ma se già da piccolo è definito non capace e cresce in un ambiente poco stimolante e punitivo, si convincerà di non valere molto e affronterà le richieste della vita con paura e cercando di evitare le responsabilità.

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